Curry: molto più di una spezia

Pubblicato il 02/12/19
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Curcuma

La parola curry (probabilmente dalla lingua tamil “cari”, ossia “zuppa”) viene impiegata per indicare un’ampia gamma di piatti, originari di tutta la fascia dell’Asia meridionale oppure del Sud-Est asiatico, il cui tratto comune è la presenza nelle ricette di combinazioni più o meno complesse di spezie ed erbe aromatiche, a cui talvolta si aggiunge il peperoncino, fresco o secco. In origine, ogni piatto prevedeva una specifica e diversa selezione di spezie, che dipendeva dalla tradizione culturale, dalla pratica religiosa e anche dagli usi di ogni famiglia. Le spezie venivano, e vengono tuttora, di norma usate intere o macinate, cotte oppure crude, e aggiunte alle preparazioni in momenti diversi della cottura, per produrre risultati diversi.

 

Curry: una miscela di spezie

La parola curry indica poi una miscela aromatica di spezie pestate o macinate, di colore giallo senape, che si trova normalmente in vendita già pronta all’uso. La polvere di curry, intesa come miscela di spezie preparata e reperibile in commercio, è in realtà un concetto occidentale che risale al Settecento, quando miscele di spezie macinate venivano preparate dai mercanti indiani e vendute ai membri britannici del governo coloniale e dell’esercito come souvenir al rientro in patria.

Nella cucina indiana in realtà il curry nella seconda accezione (cioè quella che indica una combinazione di spezie) si chiama masala. Anche i masala esistono in decine di versioni diverse: i ricchi signori indiani erano soliti assumere esperti che selezionavano e preparavano in esclusiva le miscele di spezie per i loro piatti. I masala codificati più famosi e ormai universalmente noti sono il garam masala (particolarmente piccante) e il tandoori masala (usato per la cucina tandoori, cotta nel forno d’argilla), entrambi tipici della cucina dell’India settentrionale, del Pakistan e dell’Afghanistan.

Il curry reperibile in Italia contiene soprattutto pepe nero, cumino, coriandolo, cannella, curcuma, fieno greco, con aggiunte in dosi variabili di chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, peperoncino. Il curry in commercio va da poco piccante a molto piccante, e per scegliere bene è importante fare attenzione alle eventuali diciture in inglese sulle confezioni: se “mild” indica infatti un curry mediamente piccante (come fa pensare la parola inglese), “sweet” indica invece un curry estremamente piccante (nonostante “sweet” in inglese significhi “dolce”).

I piatti con il curry sono in genere a base di carne, pollo, pesce o crostacei, da soli o in combinazione con verdure. È possibile anche preparare curry completamente vegetariani, a base di verdure e di legumi: le lenticchie per esempio sono ottime abbinate al curry. In genere si prepara un soffritto a base di cipolla, oppure di cipolla e mela (il sapore dolce acidulo della mela è un ottimo bilanciamento del curry per i palati italiani), ci si rosolano le carni e le verdure più tenaci, poi si aggiungono le verdure più tenere e si tira a cottura con brodo vegetale o acqua. La polvere può essere aggiunta in qualsiasi momento, ma l’ideale è poco prima di aggiungere il liquido. Il tocco finale è un cucchiaio di yogurt bianco, oppure di panna, subito dopo aver spento il fuoco, per mantecare il tutto e renderlo più cremoso.

 

 

 

 

Foto di Steve Buissinne da Pixabay