Gdo e Nudge, quando la gentilezza sostenibile del carrello della spesa è una storia tutta da inventare

Pubblicato il 04/07/22
Tempo di lettura: 3 minuti
di Irene Ivoi


Negli anni 90, ho avuto l’opportunità di lavorare per cinque anni per una importante insegna della GDO italiana che mi consentiva di scorrazzare liberamente per i suoi punti di vendita raccontando a studenti e insegnanti quanto fosse insensato comprare prodotti troppo imballati e come si poteva evitarli facendo più attenzione scegliendo consapevolmente. Il mio compito era quello di svelare alcuni trucchi e quali domande porsi di fronte ad ogni scelta anche a discapito di alcuni prodotti presenti sugli scaffali.

Il cammino verso la sostenibilità era agli inizi, e chiedendomi come mai mi venisse accordata tanta libertà nel fare il “grillo parlante” capii l’importanza per loro di diventare un punto di riferimento attivo della sostenibilità sui territori e per i propri clienti.

La saldatura con persone e territori era un ingrediente fondamentale del loro purpose.

Questo ricordo nel tempo è diventato un faro, perché mi ha consentito di capire molto prima di altri, quanto per la grande distribuzione il territorio conti tantissimo. E lo capivo via via leggendo segnali prima deboli e poi sempre più decisi.

Nell’ultimo decennio tanti attori della GDO hanno fatto proprie queste attenzioni, e hanno così potuto diventare attori chiave presso le comunità per i propri clienti, superando per intraprendenza e coraggio molte pubbliche amministrazioni, talvolta prive di guizzi e visione. I punti vendita sono riusciti cioè a diventare luoghi dove non si va solo a fare la spesa bensì dove si catalizzano attenzioni, si producono e diffondono messaggi positivi, contenuti, valori, storie.

 

Veniamo ad oggi: il ruolo dei distributori è oggi attivamente di affiancamento nel traghettare i cittadini verso comportamenti sempre più virtuosi e consapevoli. Il loro impegno sul piano ambientale non si limita ad una revisione di imballaggi, logistiche, impatti energetici dei punti vendita, campagne pubblicitarie, rapporti con i fornitori, ecc. La GDO svolge soprattutto un ruolo culturale nel facilitare e proporre “azioni buone” da parte dei propri clienti. In questo redesign del valore della Distribuzione Organizzata entra in gioco anche la possibilità di agire con strumenti di economia comportamentale, il nudge. Strumenti cioè capaci di intervenire sui comportamenti, costruendo ipotesi più articolate basate su reazioni e azioni del target a cui parliamo: i clienti del punto di vendita.

Inutile girarci intorno! Il nudge è decisivo. Se non esiste una reazione positiva e attiva da parte delle persone, qualsiasi buona predica si spiaggia. Ma cosa attiva un cambiamento? È evidente a tutti che la sola conoscenza della gravità di un problema da sola non basta. Il supermercato deve compiere sforzi nuovi. Per esempio deve produrre delle narrazioni senza provocare ulteriori invasioni di informazioni. Le informazioni le abbiamo, le narrazioni no.

Quindi più aggiungi e meno raggiungi il tuo obiettivo. E anche in questo caso il valore della sottrazione si fa sentire. La sfida diventa quindi costruire una narrazione che si esplicita in contesti decisionali (e questo rientra eccome nella tecnica nudge) che non siano solo all’interno del punto vendita e parallelamente riuscire a trasformare in esperienza alcuni passaggi della spesa che si compie nel punto vendita.

Noi che siamo un paese paradiso di biodiversità e varietà stagionali potremmo iniziare ad esporre e vendere i freschi in isole kilometriche. Così forse riduciamo la nostra impronta di carbonio e impariamo, magari una volta per tutte e per sempre, ciò che più nessuno ci insegna: la stagionalità di frutta e verdura.

Altrettanto utile potrebbe essere conoscere in tempo quasi reale quanto la domanda di mercato dei prodotti che ci piacciono e ci rassomigliano è vicina o no alla domanda media o alla domanda dei nostri simili (per età, sesso, alfabetizzazione). Magari con indicazioni su coerenza per stili di vita e propensioni al consumo. Questa informazione ha il potere di rafforzare alcuni comportamenti o modificarli agendo senza coercizioni e quindi in piena coerenza con i principi del nudge. E quindi potrebbe derivarne una spesa che “impara dagli altri”, anche con modalità gaming, e si affina via via per avvicinamento a comportamenti elettivi.

Oda in Norvegia, supermercato online che ha classificato tutti i prodotti alimentari da gennaio 2021, con etichette dell’impronta di carbonio: alta, media o bassa ha fatto scendere in tal modo le vendite di carne rossa e ha fatto registrare +50% di prodotti freschi rispetto alla media dei market nazionali.

In sostanza al nudge si può chiedere di semplificare i contesti decisionali per arrivare alle scelte obiettivo in modo facile, comprensibile e persino desiderabile. Ma ricordiamoci sempre che non è una bacchetta magica, bensì un ingrediente aggiuntivo per cucinare il piatto del cambiamento.