NASCIAMO BIPEDI, NON STANZIALI. NON SIAMO FATTI PER STARE SEDUTI, NÉ PER STARE FERMI IN PIEDI, MA PER MUOVERCI. LO DICE IL VOCABOLARIO. LO DICONO GENETICA E FISIOLOGIA. NEL CORSO DELL’EVOLUZIONE, LA NOSTRA SCHIENA È DIVENTATA ERETTA E COSÌ HA LIBERATO LE MANI PER SMETTERE DI CAMMINARE, DI APPENDERSI, E PER FARE ALTRO: COSTRUIRE, CREARE, INVENTARE, SCRIVERE, FORMARE COMUNITÀ E SOCIETÀ.
di Alessandra Beltrame
E le gambe? Non si sono atrofizzate, anzi. Si sono allungate, e i piedi sono diventati più stabili e molto sensibili. I piedi ci servono per camminare, ma anche per pompare sangue al cervello, fare funzionare il nostro sistema cardiocircolatorio. Noi siamo nati per camminare, non per stare fermi. Alcuni hanno scritto del cammino come gesto, azione, ne hanno fatto la storia e la filosofia. Sempre più ne riconoscono l’utilità e il piacere, dopo che i mezzi di trasporto meccanici e digitali ce ne hanno tolto la necessità. Eppure ci muoviamo sempre meno. Camminare ci pesa, ci annoia, è faticoso, richiede tempo, e noi non ne abbiamo mai. Camminare si fa all’esterno, e allora può piovere, fare caldo e tirare vento. Ci sono mille scuse per non camminare.
Perché la gente cammina così poco? Me lo chiedo sempre. La prima domanda che mi facevano quando avevo messo in affitto il mio appartamento milanese era: a che distanza è dalla metropolitana? Dieci minuti a piedi: sembrano troppi? Per molti sì. La gente non ha tempo, la gente ha fretta. Ma sono alibi. L’uso delle gambe ci è ormai desueto. Preferiamo evitare. Invece, di camminare c’è un gran bisogno, davvero. Non per perdere i chili in eccesso: quello non mi interessa. Non per arrivare primi, benché io rispetti e ammiri chi fa imprese. Non per dire «Sono stato là» o per scrivere l’ennesimo libro di viaggio (tutti magnifici, per carità). No. Di camminare c’è una necessità estrema nella quotidianità, nel giorno per giorno, nelle città, nella natura. Per andare a trovare un amico o al cinema. Per vedere cambiare un albero durante le stagioni. Per dare un nome a un fiore di campo. Per annusare il profumo dell’erba e la puzza dello smog. Per calpestare i sassi e l’asfalto, i sampietrini e il pavé, e vedere l’effetto che fa. (…)
"Di camminare c’è una necessità estrema nella quotidianità, nel giorno per giorno, nelle città, nella natura."
Chi cammina è diverso. Chi cammina è migliore. Perché vede quel che sfugge a chi va di fretta, a chi osserva le cose dal finestrino di un’auto. Perché annusa, calpesta, si stanca e si incanta. Perché ha bisogno di riposo e di accoglienza, perché deve fidarsi e affidarsi. Perché impara la prudenza e allena l’occhio a guardare e non solo a vedere. Perché impara a non inciampare e a superare gli ostacoli. Perché sa orientarsi, e non ha paura di sbagliare la strada, perché può succedere. Perché diventa sensibile, permeabile, poroso alle cose, agli altri, alla vita. Perché si emoziona. Camminando si disvelano mondi, anche interiori. Si scoprono i particolari, si annusano odori, si vedono bellezze e brutture. (…)
Il cammino insegna la parsimonia, perché chi va a piedi trova sempre la via più breve e più facile per arrivare a destinazione; la sobrietà, perché non chiede orpelli, né ha bisogno di superfluo: sui sentieri si viaggia leggeri. Insegna la pazienza: il viandante sa che il tempo si conta in passi, lo mette insieme allo spazio, non lo svaluta accelerando; la fiducia: sulla strada ti devi fidare degli altri, impari a capire chi merita, a chi dare la mano e da chi riceverla; la prudenza: pesare le scelte, fare attenzione, rispettare e accettare l’ignoto, il rischio, non esagerare.
"Il cammino insegna la parsimonia, perché chi va a piedi trova sempre la via più breve e più facile per arrivare a destinazione."
Ci sono un uomo, una donna che si alzano e camminano sempre di più. Quella donna, quell’uomo sono i viandanti moderni: persone che si mettono in cammino per diletto, per passione, per amore della natura, per raggiungere un luogo di fede o semplicemente per mettersi sulla via, per vivere un giorno, una settimana, un mese a passo d’uomo, al ritmo del proprio cuore e del proprio respiro.
Perché camminare è proprio questo: è andare al ritmo giusto, che non è né lento né veloce ma semplicemente congeniale a noi bipedi, di modo che l’occhio veda i particolari senza sforzarsi, che la mente elabori e percepisca i pericoli, che i sensi sentano, che le emozioni si sprigionino.
Un odore, un rumore, un profumo, un canto, un colore, tutto si disvela e si enfatizza nel cammino, è come un film che si proietta a mano a mano che procediamo. Un film che non si ripete mai, che è sempre diverso, che non annoia perché ha infinite variazioni, che sono tante quanti sono gli esseri umani che lo guardano. Perché non c’è un cammino uguale all’altro, e non c’è alcuna guida che
potrà raccontare il nostro viaggio.
Quel cammino, quel viaggio fatto con i piedi e con il corpo, con la fatica e lungo la strada aperta è solo nostro e nessuno ce lo potrà raccontare. Né potrà farlo al posto nostro.
Perché il cammino non si può delegare. Il cammino o si fa o non si fa. Camminare è intelligenza. Camminare è potenza. Camminare è valore. Camminare è giudizio e visione.
Io cammino? Da qualche anno mi piace esplorare il mondo a piedi. Uso le gambe più che posso nella vita quotidiana. Ho percorso la Via Francigena per un buon tratto, non ho raggiunto Santiago di Compostela. Cammino normalmente, dove mi portano le amicizie e le curiosità. Esco a camminare quando sono stanca, se ho bisogno di aria, se devo pensare. Se sono triste, annoiata, se non so cosa fare. Esco a camminare perché mi piace, mi fa bene, perché mi rilassa. Esco a camminare per respirare. Ho riscoperto la mia terra, il Friuli, andando a piedi. Un giorno ho accettato l’invito di un gruppo di amici e ho camminato per nove giorni e duecentosessanta chilometri da nord a sud, da est a ovest, percorrendo sentieri, mulattiere, vecchie ferrovie dismesse trasformate in piste per ciclisti, strade asfaltate, entrando nei paesi della mia infanzia dalle strade secondarie. Non lo dimenticherò più. È stata l’esperienza più bella della mia vita. Molto spesso nel mio andare sono sola, a meno che non scelga un gruppo organizzato, o un sentiero famoso. E spesso anche quello, fuori stagione – ma esiste una stagione per camminare? – è deserto.
Alessandra Beltrame, giornalista. Vive tra Udine e Milano. Ha lavorato per i più importanti gruppi editoriali. Per due volte ha lasciato il cosiddetto posto fisso perché preferiva prima vivere, poi scrivere. Dal 2013 cammina quando può, appena può, zaino in spalla, a volte in compagnia del suo cane
Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto del libro “Nati per camminare” di Alessandra Beltrame © 2019 ediciclo editore s.r.l.