“Vi racconto la Sostenibilità Sensoriale”

Pubblicato il 28/09/22
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Enologo, giornalista, docente di analisi sensoriale, Presidente del Centro Studi Assaggiatori e dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e tante altre cose. Luigi Odello, uno dei più importanti narratori del gusto del nostro Paese ci racconta perché riconoscere il buono è un fattore decisivo di sostenibilità.

di Luigi Odello


La sensorialità è il primo fattore di sostenibilità della specie umana.

Un’affermazione forte che necessita di una dimostrazione. Se per “sostenibilità” intendiamo la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto indefinitamente o comunque per lungo tempo, non possiamo non ammettere che da oltre 200.000 anni l’Homo sapiens deve ai suoi sensi larga parte della capacità di sfuggire ai pericoli e di cogliere le opportunità, quindi di conservare la specie. Per molto tempo i cinque sensi non sono solo stati lo strumento che gli consentiva di sfuggire ai predatori e alle calamità naturali, ma anche un laboratorio di straordinaria sensibilità per evitare di ingerire cibi igienicamente compromessi. Una capacità che nel tempo ha un po’ perduto sistemandosi nell’area di comfort creata da quanto offre un sistema di sanità pubblica fatto di controlli e di prescrizioni, al punto che oggi l’utente legge la data di scadenza di un prodotto alimentare e, sulla base di una veloce correlazione tra essa e il giorno di calendario, decide di mangiarlo anche se avariato o di buttarlo pur essendo ancora buono. Ecco, qui abbiamo un altro elemento importante per la sostenibilità: se l’Homo sapiens di oggi recuperasse un po’ delle abilità dei progenitori forse potrebbe ridurre in modo significativo lo spreco alimentare. Ma c’è di meglio: seguendo gli stimoli sensoriali in modo consapevole si migliora l’alimentazione con giovamento del corpo e dello spirito con conseguente riduzione delle spese del sistema sanitario nazionale, aumento delle prestazioni in ambito lavorativo e miglioramento generale della qualità della vita. A questo proposito abbiamo un ultimo elemento da considerare: attraverso i sensi si consolidano le relazioni sociali e se ne costruiscono di nuove, con una ricaduta importante dal punto di vista psicologico ed economico.


Il buono fa anche bene?

A questo punto è una domanda che viene spontanea, perché a pensarci bene sotto questo aspetto si origina una formula di valore:

Sostenibilità sensoriale = piacere collegato al limite di assunzione

In parole povere: se un atto di consumo eroga molto piacere e, igienicamente parlando, il prodotto in questione non pone limiti di quantità, la sostenibilità tende all’infinito.

Un paio di esempi? Prendiamo il vino: se l’autore del piacere che dona è l’aroma anziché l’alcol, è evidente che il bevitore ne potrà consumare molto di più ottenendo una soddisfazione maggiore. E il caffè? Guarda a caso i limiti di consumo si abbassano all’aumentare della caffeina e degli acidi fenolici, sostanze, queste ultime, che deprimono il piacere del prodotto in quanto astringenti. Il livello di presenza dei citati composti è quasi sempre correlato, vale a dire che al crescere della caffeina crescono anche le sostanze fenoliche, quindi potremmo dire che il caffè più piacevole è anche quello che ha minori limiti di assunzione.


Gli istigatori al tradimento della sostenibilità

Stando così le cose, in larga parte dei casi, se ci comportassimo istintivamente, la sostenibilità sarebbe difesa dalla sensorialità. In realtà intervengono una serie di fattori che generano una visione aberrante attraverso la creazione di vere e proprie mode. Per anni è stato dichiarato – attraverso recensioni, concorsi e filosofie di vario genere – che i vini migliori sono quelli ad alta gradazione alcolica. Il mondo della produzione ci ha creduto, il marketing ha usato in modo sofisticato questa leva, senza pensare che andando contro la sostenibilità avrebbe generato un effetto boomerang che porta a una riduzione dei consumi. Non dissimile è il caso del caffè per il quale qualcuno proponeva di valutare la sua qualità visivamente, attraverso il calcolo del tempo che impiega lo zucchero ad affondare. Una prova che riserva immancabilmente la palma della vittoria ai caffè che contengono maggiori quantità di polifenoli e di caffeina.

Di fatto le mode sono supportate dalla mancanza di una reale conoscenza dei mercati: è più facile copiare, seguire la corrente, uniformarsi a quello che “tira”, rispetto a fare ricerca, innovare, promuovere.


Come si migliora la sostenibilità sensoriale?

Il miglioramento delle sostenibilità sensoriale passa essenzialmente nella scoperta dei talenti dei prodotti, quindi delle caratteristiche che donano piacere. Da questo punto di vista si utilizzano due strumenti: l’indagine sul consumatore – oggi decisamente poco costosa e molto affidabile - e le rilevazioni di laboratorio sensoriale riguardanti il percepito sotto il profilo oggettivo, evocativo e metaforico. Attraverso la correlazione dei dati derivanti dalle due indagini non solo si conoscerà quanto un prodotto piace, a chi piace, dove e quando è vocato per il consumo, ma anche come innovarlo (se necessario), narrarlo e garantire il livello di piacere che offre attraverso la certificazione sensoriale. Parallelamente è importante la formazione della filiera, dall’operatore all’utente finale in modo che acquisisca autonome capacità di scelta, che impari a godere della qualità erogata e a gestire correttamente la conservazione dei prodotti riducendo così lo spreco alimentare.

Tra i casi virtuosi merita una citazione l’Istituto Espresso Italiano che ha intrapreso questa strada nel 1998 e l’ha percorsa tutta, dalla certificazione di prodotto per garantire il piacere alla narrazione attraverso la descrizione scientifica (non per questo meno appassionante) degli stili regionali.

 

L’innovazione nella comunicazione sensoriale

 Che i clienti siano cambiati ed evolvano rapidamente non è certo un mistero, ma non per questo risulta facile seguirli dal punto di vista della comunicazione. Combinando questo fattore con il radicale cambiamento a livello tecnologico – con il web che detiene in questo settore la quasi totale responsabilità – l’innovazione della comunicazione diventa un fatto strategico. A quella di persona (e il web entra anche qui, alla grande, attraverso webinar e trattative on line) ci hanno pensato i Narratori del gusto mediante un cambio radicale di paradigma, invertendo le posizioni tra trasmittente e ricevente per rendere quest’ultimo il vero protagonista. Ma anche a livello di comunicazione a distanza l’innovazione è stata consistente giungendo, mediante nuove soluzioni grafiche, a rendere con immediatezza le caratteristiche cinestesiche (olfattive, tattili e gustative) attraverso l’uso dei canali mediati (vista e udito).